"La humanidad no encontrará la paz hasta que no vuelva con confianza a mi Misericordia" (Jesús a Sor Faustina)

viernes, 28 de febrero de 2020

Triste realidad

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Triste realidad

Estás imagenes son solo ejemplos:

Mujeres Feministas en los países Capitalistas protestando contra el Sistema//Mujeres Feministas en los países Comunistas protestando contra el Sistema.

Los medios masivos de comunicación incitan al satanismo


I mass media alimentano il satanismo: attenti a siti internet, eroi e streghe
SMARTPHONES
Burdun Iliya - Shutterstock
2. No quieres dejar a tu hijo en territorio enemigo.  
Se acabaron los profesores de natación que el primer día arrojaban al niño al agua, ¿por qué voy lanzarlo a las fauces de internet si no sabe todavía desenvolverse (como es lógico) ante muchas situaciones de la vida?

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don Marcello Stanzione | Set 19, 2019
Ecco una “black list” da evitare. Ma sono molte anche le pubblicazioni, i libri, i manuali di magia utilizzati per scopi divulgativi e di “aggancio”
Nella nostra società l’attrattiva che occultismo, magia e rituali esercitano sui giovani é particolarmente forte, non soltanto perché l’adolescenza é un periodo di profondi cambiamenti che comportano vulnerabilità e turbamenti emotivi, ma anche perché l’occulto é costantemente presente nell’universo giovanile moderno.
La maggior parte dei fumetti in commercio raccontano storie di potenza, violenza e poteri occulti eccezionali. Per citarne alcuni, “eroi” come Spawn, Devil Man, Inushyasha, Saiyuky, sono demoni solitari, cupi ed introversi, con una natura estremamente violenta e distruttiva, che, per lottare, utilizzano i poteri occulti e la magia nera.

La musica rock e specialmente l’heavy metal, intrattiene i giovani con canzoni che parlano di stupro, sadomasochismo, tortura, culti satanici, mutilazioni sessuali, patricidi e cannibalismo.


Gabriele Negri-cc
Da Top Girl a Yahoo
“Top girl”, una famosa rivista indirizzata alle adolescenti, nel Dicembre del 2000, in copertina riportava “Testimonianza esclusiva: abbiamo scelto di essere streghe” ed all’interno c’era la trascrizione di un’intervista in cui due ragazze raccontavano entusiaste di seguire la religione Wicca e di praticare la magia.

Sulla piattaforma di Internet sono state allestite numerose pagine web, create da sette o da satanisti isolati, che propagandano e diffondono il satanismo. Esistono veri e propri motori di ricerca satanici, come “avatarsearch”, e siti come http://www.satannet.net, che si propongono di far crescere la comunità virtuale satanista. Sulla homepage di questi siti ci sono diversi link che consento di accedere a librerie sataniche, a musica satanica, a chat e ad altri siti che si occupano di satanismo. Yahoo, uno dei più importanti motori di ricerca, per non essere da meno offre la possibilità di formare gruppi di discussione di ispirazione satanista. È stato rilevato, per esempio, che alle soglie del III millennio i club satanici sono improvvisamente aumentati in maniera esponenziale ed è aumentato considerevolmente anche il numero degli iscritti, infatti si è passati dai 114 club, con 801 iscritti, nel Maggio 1999 ai 322 club, con 5853 iscritti, nel Febbraio 2001[1].


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Alt Satanism
Il salotto virtuale per eccellenza del satanismo è alt.satanism, dove vengono scambiate diverse informazioni su rituali, festività, fonti bibliografiche, siti satanici.

Esistono anche dei motori di ricerca di risorse sataniche e dei portali, come www.net.net, in cui è presente il centro dell’universo satanico su internet. Sulla Home Page di questo portale si può accedere a: Satannet Library, una libreria satanica on-line; Satannet Plaza; Satanic Music; Ventrue Gallery, una galleria virtuale dedicata al satanismo; Ventrue Poetry, che contiene una raccolta di poesie dedicate al demonio.

La presenza dell’idolo Satana è forte nella società: i simboli, i nomi, i testi delle canzoni, sono fin troppo spesso ispirati a lui. Alcuni giochi di ruolo sostituiscono la realtà con falsi universi immaginari, nei quali non valgono le regole ordinarie, ma vigono consuetudini terrificanti e perverse. È diffuso il commercio di oggetti ispirati a Satana, alla stregoneria, al voodoo.


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L’occultismo sembra essere uscito dall’ombra per entrare nel mondo degli affari e del consumismo occidentale. Dunque, il proselitismo satanico non avviene con metodi classici e tradizionali, come quello della evangelizzazione del cristianesimo, del “porta a porta” dei Testimoni di Geova, del volantinaggio di Scientology, ma utilizzando quegli strumenti, esistenti nel mondo sociale, che fanno leva su tutto ciò che è legato alle debolezze dell’uomo: le ambizioni, i desideri di affermazione, l’individualismo della società.

La manipolazione
Molte sono le pubblicazioni, i libri, i manuali di magia utilizzati per scopi divulgativi e di “aggancio”. Altri canali prescelti per attecchire nell’anima dell’uomo riguardano tutte quelle tecniche che strumentalizzano il sesso, la conoscenza e l’appagamento del desiderio di realizzazione; si pensi allo sfruttamento di trasmissioni televisive o di internet[2].

Spesso sono gli stessi mass media che, in maniera consapevole o meno, effettuano procedimenti di persuasione, manipolazione e disinformazione cari al satanismo. Il satanismo si inserisce in questa cornice “pubblicitaria” e manipolativa dei mezzi di comunicazione di massa e sfrutta, per potenza di penetrazione sociale, i messaggi che provengono dai mass media, conducendo alla formazione di modelli dannosi di pensiero e di comportamento[3].


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Marco Dimitri e i talk show
Negli ultimi anni, il panorama televisivo italiano ha assistito al proliferare di telefilm, rivolti ai telespettatori più giovani, che in maniera molto esplicita mettono in scena tematiche legate al mondo dell’occulto. Le trame di questi telefilm si basano esclusivamente sui rituali di magia bianca e nera, sugli incantesimi e sulle forze soprannaturali ed i personaggi sono portatori di una cultura che prevede l’esistenza del panteismo, del politeismo e dei magici poteri della psiche e delle forze occulte. Persino i talk show non sono da meno e così spesso nei salotti televisivi italiani vengono invitati maghi, astrologi, guru a mostrare le loro capacità soprannaturali. Marco Dimitri, il leader della setta “Bambini di Satana”, sostiene di aver visto aumentare significativamente le adesioni alla setta dopo aver partecipato ad una trasmissione del Maurizio Costanzo Show.

In una società in cui la televisione rappresenta un potente veicolo di trasmissione di valori sociali e culturali, programmi televisivi di questo genere hanno una grandissima influenza, specialmente sui più giovani. Un bambino o un’adolescente, che viene costantemente bombardato da questi messaggi, rischia di farsi un’idea distorta della realtà, ma soprattutto struttura un pensiero di tipo magico, che lo predispone all’avvicinamento verso tutti quei culti e quelle sette vicini all’occultismo.

Internet, videogames e telefilm offrono un’abbondante “dieta” di occulto, che non lascia indifferenti gli adolescenti, che, curiosi da sempre per tutto ciò che è misterioso, sono la categoria che rischia maggiormente di essere irretita dal fascino del male.


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[1] Strano M., Gotti V., Medici R., Germani P., Le sette sataniche su internet: una ricerca esplorativa, 2001, Telematic Journal of Clinical Criminology, www. criminologia.org.

[2] Bonifazi F., D’Andrea A., Nuzzo L., Predisposizione ed induzione: percorso verso le sette demoniache, in Cantelmi T., Paluzzi S., Luparia E., Gli dei morti sono diventati malattie, Atti del I Convegno Nazionale AIPPC, SODEC, Roma 2002.

[3] Cantelmi T., La Selva P., Paluzzi S., Psicologia e Teologia in Dialogo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 2004.
(https://it.aleteia.org/2019/09/19/mass-media-satanismo-siti-internet-eroi-streghe-heavy-metal/?fbclid=IwAR3oKgKte5DqK8UTFVz1-ewhs0ERGS3OgeT2vXS-fxNwNP0vbO_GDhFnbxk)

El marxismo cultural como religión de Estado y secta destructiva, por Francisco José Contreras

Manifestación de movimientos afines al marxismo cultural.

Los 'social justice warriors' son la juventud más sumisa de la historia: jamás había asumido con tanto entusiasmo la ideología oficial del momento: el marxismo cultural. Tenemos que detener a los profetas de esta religión del victimismo, el resentimiento y el odio, antes de que nos enfrenten aún más.

Por Francisco José Contreras -27/02/2020
Manifestación de movimientos afines al marxismo cultural.
The Madness of Crowds, de Douglas Murray, es uno de los libros más importantes de los últimos años. Es una llamada de atención sobre el estado  de locura colectiva al que nos está arrastrando la “política de la identidad” feminista-multicultural-homosexualista. Propongo, en diálogo con Murray, las siguientes seis tesis:

1) La política de la identidad implica el fin del individuo, que es disuelto en la tribu. El marxismo cultural divide a la sociedad en grupos enfrentados: sí, es la lucha de sexos, razas y orientaciones sexuales sustituyendo a la de clases. Al hacerlo, colectiviza tanto la responsabilidad moral (formidable regresión: “¿pecó él o sus padres?”, Jn. 9,1) como el pensamiento, los intereses y las necesidades. Por ejemplo, si Fulano Pérez le pega a Mengana Rodríguez, no se trata de una agresión de pareja, sino de un episodio más de la eterna batalla en la que los hombres como colectividad intentan dominar a las mujeres como colectividad. Fulano es un soldado más del ejército masculino, en constante lucha contra el femenino. Fulano nos representa a todos los varones: “El violador eres tú”. No exagero, es la letra de la ley: “Violencia de género es la que, como manifestación de la discriminación, la situación de desigualdad y las relaciones de poder de los hombres sobre las mujeres, se ejerce sobre éstas [por sus parejas sentimentales]» (art. 1 Ley de Protección Integral contra la Violencia de Género, España).

Actuall depende del apoyo de lectores como tú para seguir defendiendo la cultura de la vida, la familia y las libertades.

En EE. UU. ya es frecuente que el hablante especifique su estatus racial/sexual, como si éste predeterminara la opinión que va a emitir: “como mujer negra, pienso que…”; “como varón blanco homosexual…”. Martin Luther King soñaba con una sociedad “que juzgue a las personas, no por el color de su piel, sino por el contenido de su carácter” (Discurso en la Marcha de Washington, 1963). Su sueño no se ha cumplido: el progresista del siglo XXI considera que el color de la piel (más el género) define(n) totalmente a la persona y prefigura(n) sus ideas e intereses. Por cierto, el racismo es precisamente eso: asociar cualidades intelectuales y morales al fenotipo racial. Y el sexismo, asociarlas a los genitales.

El liberalismo clásico propugnaba una sociedad en la que lo importante de cada persona fuesen sus opiniones y logros individuales, y en la que características como el sexo o la raza resultasen legal y socialmente anecdóticas. Para la izquierda actual, en cambio, la esencia de la persona vuelve a ser, no lo que le singulariza como individuo, sino lo que le encuadra en algún colectivo instrumentalizable por el marxismo cultural. M.L. King ya no interesa en tanto que individuo, sino en tanto que negro.

Es muy interesante la distinción que propone Murray (quien, como homosexual, puede hablar con libertad sobre el asunto, cosa que ya no se nos permite a los hetero) entre gay y queer. “Gay” es el sujeto que se siente atraído por su mismo sexo, pero no considera eso un rasgo especialmente interesante, ni lo vive como la esencia de su ser, ni cree que le aboque a compartir trinchera con nadie ni a profesar determinadas creencias. “Queer”, en cambio, es quien vive su tendencia homo como “un trabajo a tiempo completo” y una cosmovisión integral, como si toda su existencia girase en torno a su sexualidad. “Qué extraño es que lo que durante milenios fue percibido como un impulso oscuro y sin nombre, ahora sea la fuente de nuestra identidad: […] el sexo ha llegado a ser más importante que nuestra alma, casi más importante que nuestra vida”, escribió Michel Foucault, en un raro rapto de lucidez, en su Historia de la sexualidad. El concepto mismo de “movimiento LGTBI” –que presupone que los gays, lesbianas, transexuales, bisexuales e intersexuales constituyen una unidad de destino en lo universal- estaría inspirado por el paradigma queer, no por el paradigma gay. Murray parece vivir su propia homosexualidad como un rasgo anecdótico, no muy diferente de la afición filatélica o el gusto por el té verde. “He happens to be gay”.

Lo cual, por cierto, le valdrá pronto la excomunión de la iglesia LGTBI. El libro de Murray recuenta los casos, a veces hilarantes, de expulsiones de la tribu. Peter Thiel, magnate de las empresas tecnológicas que apoyó a Trump en 2016, suscitó este titular de Advocate, la más importante revista gay de EE. UU.: “Thiel es un ejemplo de hombre que tiene relaciones sexuales con otros hombres, pero que no es gay [por sus opiniones políticas]”. A Kanye West –como a Candace Owens- el apoyo a Trump le valió la pérdida de la negritud: el escritor Ta-Nehisi Coates, un negro profesional, le dedicó un ensayo vitriólico en The Atlantic (“West se cree un librepensador por apoyar a Trump. Su libertad es libertad blanca: libertad sin conciencia, sin crítica”) y le comparó al cantante Michael Jackson, el negro que quería ser blanco. ¿Locuras de los anglos? No solo: en España, la televisiva Paula Vázquez tuiteó hace unos días que Bertrand Ndongo debe ser un blanco que se ha sometido a un tratamiento de oscurecimiento de piel, pues ningún negro genuino podría defender a Vox.

2) La política de la identidad es vivida como una pseudorreligión, en un siglo caracterizado por el vacío existencial y el fin de los “grandes relatos”. “Dios ha muerto, Marx ha muerto, y yo mismo no me siento demasiado bien”. Pero no íbamos a ser, dice Murray, la única sociedad de la historia sin religión. El joven de 20 años necesitado de encontrar sentido a su vida lo busca en la heroica lucha contra el machismo, el racismo y la homofobia/transfobia que le propone el marxismo cultural. La identity politics es profesada por muchos como una fe sustitutiva, como ocurrió en su momento con el comunismo.

En realidad, el éxito de la identity politics confirma una tesis conservadora: que el hombre necesita criterios morales, necesita creer en el Bien y el Mal. En la nueva religión, el Bien es la defensa de las mujeres y de las minorías raciales y sexuales frente a la opresión heteropatriarcal; el Mal, el machismo/racismo/homofobia. “¿Cómo ser virtuoso en nuestro mundo postmoderno? Siendo “antirracista”. Siendo “amigo de los LGTB”. Siendo feminista”.

Y, ciertamente, el machismo, el racismo y la homofobia son cosas muy malas. Pero hay un pequeño problema: en el Occidente desarrollado ya no existen (o, si los hay, son marginales y residuales, muy inferiores a los de cualquier otra época o sociedad). El joven social justice warrior querría viajar en el autobús de Rosa Parks, marchar con las sufragettes, dejarse detener en la redada de Stonewall Inn, correr delante de los grises… Pero ha nacido con entre 50 y 100 años de retraso.

El marxismo cultural, pues, le obliga a vivir en permanente disonancia cognitiva. Los maestros del 68 –los Marcuse, Foucault, Bourdieu, etc.- ya llevaron el “pensamiento de la sospecha” al paroxismo. No hay que dejarse engañar por las apariencias. Bajo la aparente igualdad de hombres y mujeres subyacen recónditos micromachismos, invisibles techos de cristal, sutiles mecanismos de discriminación (por ejemplo, la famosa conspiración patriarcal para impedir que las chicas estudien carreras tecnológicas). Lo mismo vale para las razas no blancas y para las minorías sexuales, odiadas –quizás en secreto- por legiones de ultras.

 3) La política de la identidad lleva a Occidente a la autodenigración, a abjurar de su pasado. La retroproyección anacrónica de los rigurosísimos criterios de antidiscriminación convierte nuestra historia en una larga pesadilla de machismo, homofobia y racismo estructurales. Dante, Shakespeare, Cervantes, Goethe…:  una panda de “viejos hombres blancos” que no creían en el empoderamiento lésbico ni en los WC transgénero. Churchill, un odioso racista. Hernán Cortés, un genocida y un violador de Malinches; el 12 de Octubre, “nada que celebrar”.

La identity politics lleva a los jóvenes occidentales a despreciar su propia cultura. En las universidades, los black studies, LGTB studies, Women’s studies, etc. exhuman y celebran a los innumerables genios que no llegaron a triunfar porque el heteropatriarcado solo podía permitir un Parnaso habitado por viejos hombres blancos heterosexuales. Hay un solo tipo de studies que no se dedica a glorificar al grupo correspondiente: por supuesto, son los whiteness studies, los “estudios sobre la blanquidad”. Voz “whiteness studies” de la Oxford University’s Research Encyclopedia: “Es un sector creciente de la investigación universitaria cuyo objetivo es revelar las estructuras invisibles que producen la supremacía y privilegio de los blancos”.

Se crea también una brecha generacional entre los millennials ya educados en los dogmas de la identity politics y los carrozas todavía patriarcales. Es una soberbia adanista similar a la que se dio en la generación del 68: “No te fíes de nadie que tenga más de 30 años”.

4) La identity politics necesita alimentar constantemente el victimismo. La mujer debe sentirse víctima, el negro debe sentirse discriminado, el homosexual debe sentirse perseguido. Cuenta para ello con puntos débiles de la naturaleza humana, como la facilidad para la autocompasión y la necesidad de encontrar explicaciones externas para los propios fracasos. Es tentador poder creer que, si fallé en aquel examen de acceso a la Universidad, o si no tuve una carrera profesional tan brillante como esperaba, fue, no porque me faltara talento o esfuerzo, sino porque el sistema me discriminó por mi sexo, raza u orientación sexual. 

Y está triunfando. Está convenciendo a cada vez más jóvenes de que son víctimas. El 8 de marzo, una convocatoria que había caído en la rutina oficialista, se ha convertido en una protesta masiva contra la “opresión de las mujeres”. En EE.UU., el porcentaje de gente que cree que el país padece un grave problema de discriminación racial se duplicó entre 2011 y 2017, bajo la influencia del “Black Lives Matter” y la definitiva apuesta del Partido Demócrata por la identity politics.

Uno de los dogmas de la identity politics es que, si en algún estamento profesional o académico no se dan porcentajes de representación que se correspondan exactamente con los de los grupos sexuales y raciales en la población total (50% de mujeres, etc.), ello solo puede deberse a la perfidia del heteropatriarcado y la discriminación más o menos sutil. De ahí la generalización de sofismas como la “brecha salarial”, que afirma que las mujeres ganan menos en promedio, no porque escojan profesiones menos retribuidas (humanidades, enseñanza, etc.) o ralenticen sus carreras para criar hijos o tener vidas más equilibradas, sino porque el sistema las discrimina (aunque las leyes prohíban la discriminación salarial por sexo en todos los países). Y si no hay más gente de color en las empresas tecnológicas, las universidades o la administración, tiene que deberse al racismo estructural. Los gobiernos y las grandes empresas han comprado YA ese discurso. De ahí la creación de una costosísima “burocracia de la diversidad” que lucha por incrementar las ratios de los grupos supuestamente discriminados. De ahí los seminarios de “unconscious bias training” en los que las empresas más poderosas del mundo obligan a sus empleados a un constante examen de conciencia, rastreando sus mentes en busca de restos de machismo/racismo/homofobia. El Gobierno británico imparte sesiones similares a sus funcionarios. El objetivo declarado es que tomen conciencia de su “white privilege”, sus “privilegios por ser blancos”.

Y de ahí la política de cuotas, que alimenta el resentimiento entre colectivos. “Discriminar positivamente” a las mujeres significa discriminar negativamente a los varones; primar a unas razas implica penalizar a otras. En su desvelo por incrementar la ratio de las razas peor representadas, las universidades norteamericanas más prestigiosas (por ejemplo, Harvard) han llegado a penalizar tramposamente en las pruebas de admisión a los estudiantes de las etnias sobrerrepresentadas, especialmente los orientales. El truco utilizado es reducir el peso comparativo de los exámenes (que miden conocimientos e inteligencia) e incrementar el de las pruebas psicológicas (que miden características tan objetivables y académicamente relevantes como “la simpatía [amiableness]” o la “personalidad positiva”). En su obsesión por evitar que hubiese tantos chinos en la Universidad y alcanzar un poco más de “diversidad racial”, Harvard ponía sistemáticamente a los orientales un cero en simpatía, sin siquiera llegar a entrevistarlos. Todo esto trascendió en un proceso judicial incoado por el SFFA un grupo de estudiantes asiáticos  agraviados.

5) La política de la identidad se está deslizando hacia el totalitarismo. Es totalitarismo soft, porque no mata. Pero es totalitarismo. Se está convirtiendo en una verdadera religión de Estado que es martilleada en las escuelas, las universidades, los medios de comunicación, las grandes empresas… La discrepancia pública se hace cada vez más arriesgada. Peligran las reputaciones y los empleos. Con el pretexto del “discurso de odio” (concepto arbitrario e inobjetivable: “jurisprudencia del sentimiento”), empiezan a aprobarse leyes que castigan al hereje con multas o censura.

Pero la censura más fanática es aplicada por los partidos de izquierda (o sea, en estos asuntos, todo el espectro político menos la supuesta “ultraderecha”) y… los estudiantes de las universidades. Los social justice warriors son la juventud más sumisa de la historia: jamás la nueva generación había asumido con tanto entusiasmo los dogmas de la ideología oficial del momento. Los profesores conservadores lo tienen cada vez más complicado, a poco que cuestionen los artículos de fe. Murray explica casos alarmantes. Los esposos Nicholas y Erika Christakis fueron acosados por turbas estudiantiles y finalmente tuvieron que abandonar sus cátedras en Yale (2015). Habían enviado emails en los que discrepaban del mensaje del decano, que pedía a los estudiantes que evitasen los disfraces étnicos en Halloween (que un blanco se disfrace de chino se considera ahora “apropiación cultural”: una pareja anglo tuvo que cerrar su establecimiento de tacos y enchiladas en Seattle, acusados de apropiación de la gastronomía mexicana; a Justin Trudeau casi le costó el cargo de primer ministro un atuendo a lo rey Baltasar de hace 20 años). Los Christakis pensaban que la libertad para disfrazarse de lo que a uno le dé la gana es importante, y que los carnavales siempre tuvieron un punto transgresor. El decano declaró después de los escraches que “nunca había estado tan orgulloso de sus alumnos”.

Estudiantes “antirracistas” impiden el paso a los blancos en la Universidad de Berkeley, 2016
Y el profesor Brat Weinstein tuvo que abandonar su puesto en Evergreen College (2017), llegando a sufrir agresiones físicas, cuando se opuso al Day of Absence: durante un día, se invita a los estudiantes blancos a abandonar la Universidad, para que “se pongan en la piel de los excluidos” (en realidad, se trataba de la inversión de una tradición que los estudiantes negros practicaban desde los 60: eran ellos los que decidían ausentarse por un día, para que se notara su hueco). Intelectuales conservadores como Heather MacDonald, Ben Shapiro, Jordan Peterson, etc., ya solo pueden hablar en las universidades (o en cualquier otro sitio) con fuerte protección policial.

Y no hace falta irse a EE.UU.: Alicia Rubio ve canceladas la mitad de sus conferencias, ha sufrido decenas de escraches y perdió su empleo en un instituto de enseñanza media por bullying ideológico.

Escrache contra una mesa redonda en la que intervenían Alicia Rubio y el autor de este artículo, Francisco José Contreras. Facultad de Derecho de Sevilla, Febrero 2017
Aunque no tenga Gulag ni Lager, el marxismo cultural es tanto o más totalitario que comunismo y fascismo en un aspecto (que resulta ser, por cierto, el definitorio del totalitarismo): su capacidad de penetrar en la vida privada y en los últimos pliegues de la sociedad. No en vano “lo personal es político” (Kate Millet) es el eslogan del nuevo feminismo. La identity politics problematiza las relaciones entre hombres y mujeres, entre blancos y no blancos, entre heterosexuales y homosexuales, también en el ámbito privado: el hogar, la escuela (donde se abruma a los varones con sermones contra su “masculinidad tóxica”), el centro de trabajo, la cama… El nuevo Gobierno español nos anuncia una “Ley de Libertad Sexual” que en realidad implicará meter al Estado en los dormitorios. La constante monserga de demonización del varón y victimización de la mujer está haciendo la relación entre los sexos más complicada de lo que ya era. La injusta Ley de Violencia de Género ya se ha llevado por delante a muchos hombres inocentes.

6) La política de la identidad se basa en el dogma de la “interseccionalidad” (Peggy MacIntosh), a saber, la interconexión entre las respectivas opresiones de grupo: gays, mujeres, minorías raciales, etc. son aplastados por una misma “matriz de opresión”. Por tanto, sus luchas por el empoderamiento son articulables, coherentes entre sí: negros, mujeres, trans… même combat!

Uno de los aspectos más lúcidos del libro de Murray es su ataque al mito de la interseccionalidad. Para empezar, ni siquiera el frente LGTBI es coherente: “Los hombres y las mujeres homosexuales no tienen casi nada en común. […] Ni se encuentran en “espacios comunales”. […] Y ni los hombres ni las mujeres homosexuales se han fiado nunca mucho de las personas que se definen como “bisexuales”” (Madness of Crowds, p. 35).

He aquí que la G no siente entusiasmo por la L, y viceversa, ni ninguna de ellas por la B. Pero es la T la que plantea una verdadera amenaza existencial a las demás letras del acrónimo. El paradigma de la “transexualidad” es incompatible con el de la homosexualidad. El primero presupone que un chico de maneras afeminadas al que le gustan otros chicos es en realidad “una chica atrapada en el cuerpo de un chico”; el segundo, que es un chico gay. En una conferencia impartida en Madrid en febrero de 2018, Miriam Ben-Sharon –una histórica del movimiento lésbico- explicó: “Si hubiese sido niña en esta época, algún psicólogo me habría explicado que soy un chico atrapado en un cuerpo de chica, y me habría orientado hacia el cambio de sexo. Pero yo no soy un hombre encerrado en un cuerpo de mujer. Soy una mujer a la que le gustan las mujeres. Estoy encantada de mi condición de mujer”.

La disforia de género infantil antes era curada en un 85% de los casos por la naturaleza: al llegar la pubertad, la explosión hormonal disipaba casi siempre las fantasías de identidad sexual inversa (chico que se siente chica, o viceversa). Pero, bajo el influjo del nuevo dogma de la religión marxista-cultural –definido y oficializado en tiempo récord- cada vez más niños con supuesta disforia de género –por cierto, en Gran Bretaña su número se ha multiplicado por 20 en diez años- están siendo tratados con bloqueadores de la pubertad que precisamente impiden esa solución natural, abocándoles al “cambio de sexo” (es decir, la mutilación de un cuerpo sano y el tratamiento hormonal vitalicio). Y hay más: muchos de esos niños habrían terminado siendo homosexuales, si se hubiese dejado actuar a la naturaleza. Las filas de la T están creciendo a expensas de las de la G y la L.

También hay conflictos entre el frente LGTB y el feminista. Por ejemplo, los vientres de alquiler. En febrero de 2018, los periódicos ingleses titularon que “Tom Daley y su marido anuncian que van a tener un bebé”. Junto al titular, la ecografía de un embrión. En nuestra sociedad de disonancia cognitiva, lo que se espera es que todo el mundo aplauda y haga como si el bebé estuviese creciendo en el vientre de uno de los dos hombres. Pero un columnista del Daily Mail dijo “el rey está desnudo”: “¿Cómo lo harán, exactamente?” [tener dos hombres un niño]. Se desencadenó contra él el furor de la Inquisición LGTB; circularon listas de las empresas que se anuncian en el Daily Mail, con llamadas al boicot. Pero también se levantaron voces feministas a favor del articulista. Pues, como indica Murray, en una sociedad en la que la exclusión de la mujer es el peor pecado imaginable, una mujer –la madre de alquiler, probablemente de algún país del Tercer Mundo: por tanto, “víctima” también a fuer de no blanca- estaba siendo excluida flagrantemente de la fiesta prenatal de Tom Daley y Dustin Lance Black.

Murray hurga con clarividencia y coraje en otras contradicciones de la nueva religión. Un sector del feminismo (la ideología de género) concibe la binariedad hombre/mujer como una construcción cultural, y el género como “puramente performativo” (Judith Butler). Pero si la mujer no existe, o es pura convención contingente-performativa, el feminismo –que es la defensa de la mujer- pierde su sentido. Si los sexos no existen, también pierde su sentido la homosexualidad, que es atracción por el propio sexo (y presupone, por tanto, la binariedad sexual). En su furor deconstructor, el progresismo termina deconstruyéndose a sí mismo.

Pero, mientras el feminismo de género pretendía que la condición de mujer es mera construcción cultural (software), el movimiento gay se atrincheraba en la tesis de que la homosexualidad es hardware: el homosexual lo es de manera ontológica, rocosa, eterna: de ahí que no se le permita siquiera intentar pasar a la heterosexualidad (se han prohibido las terapias de reconversión). En cambio, la heterosexualidad es mera norma cultural (“heteronormatividad”), que puede muy bien ser reinventada y transgredida. En suma: el adepto a la identity politics se escandalizará de que un homo intente pasar a hetero (eso es “renegar de su esencia”), pero aplaudirá que un hetero pase a homo (eso es “salir del armario”).

Lo mismo pasa con la transexualidad. Para el progresista, tener cromosomas XY y genitales masculinos no significa necesariamente que seas un hombre: la asociación del organismo masculino con el rol cultural de hombre es meramente contingente. En cambio, la persona afectada por disforia de género (el hombre que querría ser mujer, la mujer que querría ser hombre) son metafísica, incuestionablemente “mujeres encerradas en cuerpos de hombre”, o viceversa.

Lo transgresor/atípico es hardware: definitivo, inapelable, anclado en las estructuras más profundas del ser. El homosexual y el transexual lo son para la eternidad, y ¡ay de quien lo dude! En cambio, lo clásico (ser hombre o mujer, ser heterosexual) es software: convención, norma cultural arbitraria, sin fundamento natural.

Tenemos que detener a los profetas de esta religión del victimismo, el resentimiento y el odio, antes de que nos enfrenten aún más profundamente. Y, para detenerles, es preciso desmontar sus sofismas. Es lo que ha intentado Murray en su libro, y es lo que he intentado, modestamente, en este artículo.
(https://www.actuall.com/democracia/el-marxismo-cultural-como-religion-de-estado-y-secta-destructiva-por-francisco-jose-contreras/?fbclid=IwAR3QiJHmpJH_wu7wbRk1_bV3T1JWGjXJ4pMyNrENS_FgbVZKpp0sq_HAQLk)

“No nos olviden”. Las Almas Benditas del Purgatorio (un testimonio impactante)

Resultado de imagen de almas del purgatorio
Claudio de Castro | Feb 26, 2020
En estos días de ayuno y oración, me gusta recordar esta historia sorprendente que una vez te conté y aún hoy me mueve a reflexionar en nuestras vidas.
Hace algunos años solía entrar por las noches en sitios católicos para intercambiar opiniones y compartir anécdotas edificantes. Una noche se me ocurrió sugerir: “¿Qué tal si cada uno cuenta un relato de algo que lo haya impactado en su vida y que tenga que ver con nuestra fe?”

A todos les encantó la idea y uno a uno fuimos compartiendo nuestras experiencias. El último participante fue una mujer. Contó la historia que a continuación leerás. Fue tan impresionante que a través de los años no he podido olvidarla y la comparto cada vez que puedo.

“Era un domingo. Celebraríamos la primera comunión de mi hija pequeña. Salimos temprano en familia hacia la iglesia. En el camino, mientras conducía el auto, por un motivo que aun no comprendo recordé haber leído sobre las indulgencias que dispensa la Iglesia “en virtud del Poder de atar o desatar que le fue concedido por Cristo” (Catecismo 1478).

Sabía que la indulgencia es “la remisión ante Dios de la pena temporal por los pecados” y pensé: “Durante la Primera Comunión se puede pedir Indulgencia plenaria. Voy a ofrecerla por aquella alma que esté más necesitada de oraciones en el Purgatorio, por la que nadie se acuerde”.  Y así lo hice.

Terminó la ceremonia religiosa y regresamos felices a casa. Cuando introduje la llave en la cerradura de la puerta una brisa me envolvió y escuché con claridad una voz suave que cerca de mi oído me decía: “Gracias”.

Sabemos de la ciudad celestial, la eternidad, que: “Nada manchado entrará en ella”. (Apocalipsis 21, 27) ¿Qué ocurre entonces si mueres en pecado venial con el alma manchada, sin una pureza absoluta? ¿Existe el Purgatorio?

El Catecismo de nuestra Santa Madre Iglesia nos dice: “Los que mueren en la gracia y en la amistad de Dios, pero imperfectamente purificados, aunque están seguros de su eterna salvación, sufren después de su muerte una purificación, a fin de obtener la santidad necesaria para entrar en la alegría del cielo. La Iglesia llama purgatorio a esta purificación final de los elegidos que es completamente distinta del castigo de los condenados.” (1030 – 1031)

Hay místicas que han visto el purgatorio

La santa Biblia hace referencias claras al Purgatorio, en varios pasajes:

“… la obra de cada cual quedará al descubierto; la manifestará el día, que ha de revelarse por el fuego. Y la calidad de la obra de cada cual, la probará el fuego. Aquél, cuya obra, construida sobre el cimiento, resista, recibirá la recompensa. Mas aquél, cuya obra quede abrasada, sufrirá el daño. Él, no obstante, quedará a salvo, pero como quien pasa a través del fuego.” (1 Corintios 3, 13-15)

Tus oraciones, sacrificios ofrecidos por ellas, las ayuda enormemente.

Es conocido el caso de una mujer que murió y se salvó por las oraciones de un anciano devoto que en la cabaña de una montaña se enteró de la muerte trágica de esta mujer, sintió compasión por ella y ofreció a Dios sus oraciones por su salvación.

En estos días santos, de oración, ayuno y sacrificios, POR FAVOR, acuérdate de nuestras hermanas, las Benditas Almas del Purgatorio.  Ellas esperan ansiosas tus oraciones para verse libres de su purificación y poder emprender su camino al cielo. Es un acto de caridad que agrada a Dios.

¿Qué puedo hacer por las Almas Benditas del Purgatorio para ayúdalas y que gocen de la dicha eterna? Hay tantas cosas a nuestro alcance, sobre todo durante la CuARESMA. Rezar es la principal.

Reza cada día el santo Rosario ante el sagrario.
Ofrece la santa Misa por ellas.
Ofrece sacrificios.
Ofrece la Santa Comunión.

!Dios te bendiga por tanta bondad!
(https://es.aleteia.org/blogs/la-gran-aventura-de-mi-vida/no-nos-olviden-las-almas-benditas-del-purgatorio-un-testimonio-impactante/?fbclid=IwAR1vmG38ghVUg9GZ-tw42JhOr2-ONefmJ1ahTOXSmBea8MEZIG-x4ZxHKzQ)

Los tres enemigos del alma: el mundo, el demonio y la carne

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Satanás revela a satanistas por qué quiere que la gente se haga tatuajes


Por Hispanidad Católica - 11 julio, 2019
El demonio reveló a Aleister Crowley (Líder de la “Ordo Templi Orientis”), y a Anton LaVey (Fundador de la “Iglesia de satán”) en las épocas correspondientes:

“Sellen y marquen y aten y roben esas almas inmundas con tatuajes y anillos y laceraciones en el cuerpo. Háganlo valiéndose de los medios de comunicación y la manipulación de la mente. Háganlo ya, lo he dicho a mis masones en todo el mundo, ya lo he dicho, mi reino debe implantarse en toda la humanidad y este es un medio aunque pequeño, pero poderoso; que se tatúen los jóvenes y usen anillos en sus cuerpos. Así me burlo de su creador y de su inmundo hijo. Pero mi plan es más amplio: así los preparo para marcarlos con mi sello poderoso donde no se podrán sustraer y cuando llegue ese momento ellos quedaran bajo mis redes inmundas y se dejaran sellar y marcar fácilmente en la mano o en la frente.  
Los tatuajes son remedos a la Creación de imagen y semejanza de Dios y quien los hace se burla de su Dios, que no le gusta que lo que Él ha creado sea transformado ni desfigurado, pero mis discípulos en el mundo les hacen ver a los jóvenes que eso es algo lindo y hermoso y los hace valorar más en su personalidad y ellos piensan que son distintos a los demás por usar eso. ¡Qué idiotas!
(https://www.hispanidadcatolica.com/2019/07/satanas-revela-a-satanistas-por-que-quiere-que-la-gente-se-haga-tatuajes/?fbclid=IwAR0lYnapbzeeQHe2cf8bxzEqTxGABLHLLvbI2An-BsffKlNZ9QodE750qrU)

jueves, 27 de febrero de 2020

La mayor empresa de ayahuasca en España es “una secta coercitiva”: habla una ex adepta.

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FUENTE: Afectados por la ayahuasca

Los pasados 27 de enero y 7 de febrero de 2020 se emitió, en “El Programa de Ana Rosa” de Telecinco, un reportaje en dos partes sobre la ayahuasca y la moda de los “retiros” de cuyos peligros vienen alertando en un blog de Afectados por la ayahuasca. Recogemos a continuación un artículo publicado en dicho blog, y que contiene la totalidad del testimonio anónimo que apareció en la segunda parte del reportaje.

La realidad de una empresa multinacional

Este artículo tiene como propósito informar y demostrar el enorme peligro que supone la cada vez más grande “organización” internacional que trabaja con ayahuasca (entre otras muchas sustancias). La palabra organización está entre comillas, ya que Inner Mastery es, sin lugar a dudas, una secta coercitiva. Pero éste es otro tema para tratar en otro escrito. Para este objetivo, voy a ir desglosando y abarcando los puntos más relevantes de lo que son y lo que hacen; los mismos puntos que ellos mismos han publicado en su página y que voy a ir contrastando uno por uno.

Inner Mastery es una empresa multinacional dedicada a organizar eventos de evolución interior en todo el mundo. Se describen como un equipo multidisciplinario de profesionales de la salud, que junto con terapeutas, facilitadores, chamanes y médicos han decidido llevar las bondades de las medicinas naturales a todo el mundo, creando un sistema basado en la integración psicoterapéutica del uso de enteógenos. Cito textualmente: “Somos un equipo de más de 200 expertos, facilitadores, y terapeutas multidisciplinares que hemos hallado respuestas y soluciones más allá de la terapia”.

La “revelación” de la ayahuasca

La columna vertebral de la organización es la ayahuasca, que traen desde la selva, dicen que cocinada por expertos magistrales que la utilizan desde hace miles de años en comunidades indígenas. A su vez, mencionan que el equipo de facilitadores y médicos ha sido formado por gente nativa del gran conocimiento, y que después han refinado su saber en la Escuela Ayahuasquera, de donde salen los facilitadores de la empresa. Vamos a detenernos aquí.

Ningún facilitador ha sido formado por gente nativa. La formación que estas personas tienen se limita a los lineamientos que ha creado el fundador: Alberto Varela. Este señor, en uno de sus viajes a la selva amazónica (donde conoció la ayahuasca), hizo varias tomas con chamanes nativos. En una de las ceremonias el señor Varela cuenta cómo tuvo una revelación. La revelación fue que él tenía que encargarse de que la ayahuasca fuera conocida por todo el mundo. Sacarla de la selva y que la gente pudiera experimentar con ella en Occidente.

Así es como empezó todo. No sólo es mentira que los facilitadores sean formados por chamanes de la selva, sino que tampoco es verdad que Alberto Varela, como presume, haya tenido autorización del taita Querubín del pueblo Cofán (una de las mayores autoridades de la selva en cuanto al uso de Ayahuasca, que ellos consideran sagrada) para usar la planta.

Falsedades en la base

Tanta ha sido la indignación, que el taita Querubín, junto a 100 profesionales, antropólogos y miembros de ONG que trabajan en Colombia, han denunciado a Varela y extendido un pronunciamiento público en contra de él, su organización y el uso que hacen con la planta, desmintiendo así el hecho de que él o los facilitadores hayan sido instruidos por los nativos de la selva de ninguna manera:

“Por lo tanto al señor ALBERTO JOSÉ VARELA, NO se le ha dado instrucción o formación en el conocimiento de la Medicina Sagrada del YAGÉ. JAMÁS se le ha autorizado para su porte y uso en sus giras internacionales, razón por la cual lo que se afirma en la supuesta ‘autorización’, es completamente FALSO” (extracto del comunicado).

Me gustaría subrayar aquí que la tarjeta de presentación y el propio cimiento sobre el que se ha constituido la empresa son falsos. ¿Qué nos dice esto sobre el señor Varela, el mismo que vende el crecimiento y la sanación espiritual?

Las cosas que cabría esperar…

Continuamos. Para sustentar su método, creó la Escuela Europea Ayahuasquera. Vuelvo a citar: “Contamos con un equipo multidisciplinar de facilitadores, médicos, entre otros, que han sido formados por gente nativa de gran conocimiento y que han refinado su saber en la Escuela Europea Ayahuasquera, de donde salen los facilitadores de Ayahuasca Internacional”.

Ya sabemos que nadie ha sido formado por gente nativa. Luego, queda la formación que tienen las personas que quieren ser facilitadores en la organización, formación en el propio sistema que inventó el dueño. Ahora bien, aquí entran al menos 3 cuestiones:

1. Suponemos, o cabría esperar, que el creador de un método de formación para dar uno de los enteógenos más potentes del mundo, ayahuasca, a miles de personas (varias de ellas con enfermedades crónicas; otras con enfermedades mentales, cuadros depresivos, intento de suicidios, adicciones, y la mayoría, con un genuino deseo de encontrar alivio a su dolor emocional y búsqueda de sentido) es un hombre preparado tanto en conocimientos psicológicos (“uso psicoterapéutico de ayahuasca”, como él anuncia) como en el terreno médico, en cuanto al estudio de la interacción de la planta con el cerebro humano.

2. De la misma manera, es de suponer que el método que ha creado Varela, el cual es la base para los futuros facilitadores de su empresa, tiene un código ético, y está sujeto a una supervisión; así como tener claros bajo qué parámetros se juzga si un facilitador está listo o no, para tener a su cargo una toma de ayahuasca de 40 personas, con las consecuencias que eso podría implicar.

3. También se esperaría que en cada retiro que realiza en varios países del mundo al mismo tiempo, hubiera al menos un médico presente, con los conocimientos necesarios, en casos serios como brotes psicóticos inducidos por ayahuasca (que ha pasado bastantes veces), en el caso de que se ponga el peligro la vida de un participante o la de los demás (ya sea porque se salga de control el evento o por cualquier factor externo que lo desencadene), por cualquier posible efecto negativo a nivel físico y/o mental sobre un participante; o en caso de que el efecto de la planta no pase tras muchas horas, y saber qué hacer para que la persona vuelva en sí, a su conciencia ordinaria de realidad y un largo etcétera.

… Y la terrible realidad

Bueno, pues desgraciadamente la realidad es la siguiente: Varela no es ni psicólogo ni médico. Su “formación” –por decirlo de alguna manera– se reduce a las muchas tomas de ayahuasca que hizo en la selva, la revelación que tuvo del “Espíritu de la planta” de ser elegido de darla a conocer en todas partes, y sus experimentos iniciales antes de que existiera Inner Mastery como tal, que consistían en reunir en Madrid a un grupo de personas y ver qué pasaba facilitando él la planta, y de paso, probando con esas mismas personas el método que inventó en ese entonces: “La No-Terapia” (del que más adelante trataré). En la misma época que este personaje tuvo una denuncia por abuso de poder de una de las mujeres con la que experimentó sus tomas de ayahuasca en Madrid (tal como puede leerse en un blog crítico).

Respecto al nivel de ética y/o parámetros en los cuales se basan sus prácticas, creo que es ya evidente: no existen. Sólo la de su propio criterio. Y en cuanto al punto número 3: en toda la organización no ha habido más que un solo médico (que no estuvo desde el principio). Su nombre es Mauricio Albanés, de origen latinoamericano que dice ser médico, cirujano. Además de este hombre (que enseguida describiré con más profundidad), nadie más. ¿Cómo hacía su trabajo un solo médico de una organización que está en 25 países?

Supervisión médica… por WhatsApp

Por WhatsApp. Un grupo de WhatsApp que tienen todos los facilitadores y en el que también está Varela; es el medio por el cual, en todos los retiros que suceden cada fin de semana, el médico Mauricio da su visto bueno o no, según el cuadro clínico de un cliente, que un facilitador le reporta por mensaje. Así que ha habido retiros sucediendo al mismo tiempo en 4 países de América, y el médico en Europa, desde su móvil, evaluando los casos de todos los clientes (unos en tratamiento psiquiátrico, otros con problema de corazón, cáncer, enfermedades mentales, adicciones, enfermedades crónicas…) y este médico sin siquiera verlos físicamente ya tiene la medida de dosis de ayahuasca que cada quien según su caso necesita, para que el facilitador de la toma de esa noche.

Cabe aquí mencionar un no muy pequeño detalle. Inner Mastery no trabaja sólo con ayahuasca. También usa las siguientes sustancias: Yopo, San Pedro, Kambo, Iboga y Bufo Alvarius (el enteógeno más poderoso conocido hasta hoy).

Así reaccionan cuando hay problemas

Otra vez: ¿bajo qué ética o estándares se usan estas sustancias? Ninguno más que el criterio del maravilloso médico Mauricio Albanés; el mismo hombre que en un retiro en México dio su visto bueno vía WhatsApp a un hombre de más de 68 años con un serio problema de alcoholismo, para en ese retiro tomar ayahuasca (eso sí, menos cantidad que la normal) y Bufo Alvarius sin problema, según el “experto médico”.

¿Qué fue lo que pasó? En el último día de retiro, después de 3 tomas de ayahuasca y 2 de bufo alvarius, el señor sufrió un ataque en pleno día en medio de la integración que se hace al día siguiente dirigida por Alberto Varela. Le salía espuma por la boca y no podía hablar ni respirar. ¿Había algún médico? No. Estaba en España. ¿Sabía alguien qué hacer? Tampoco. Se fue en ambulancia a internarse de urgencias al hospital. ¿Cuál fue la reacción de Varela al ver lo que le pasaba a este señor? Salió de la sala inmediatamente y no volvió a aparecer hasta que se había ido. Podría seguir con muchos más ejemplos, pero pienso que con éste queda más que claro lo que quiero transmitir.

Cirujano… y “obispo” gnóstico

Para terminar de describir al médico Albanés. Estudió medicina y se especializó en cirugía. No ha tenido absolutamente ninguna formación seria o estudio clínico, científico en cuanto al uso de ninguna de las sustancias mencionadas. Es, además, miembro de la “Tradición Gnóstica Latina”; así lo muestra él en su tarjeta de presentación de hace pocos meses donde participó con una conferencia en una jornada celebrada en Madrid titulada “La experiencia siniestra”, en la que se habló de satanismo principalmente y esoterismo.

El médico de Inner mastery fue uno de los que expuso sobre su camino personal esotérico: la magia de Thelema (religión esotérica basada en la revelación que dijo tener Aleister Crowley de una entidad llamada “Aiwass”, que le dictó El libro de la ley, texto sagrado de Thelema). Una de las palabras finales que dijo Mauricio Albanés en esa conferencia fue: “Tengo la absoluta certeza de que la magia existe”. Este hombre es el médico de Inner Mastery. Y el actual director de la Escuela Europea Ayahuasquera.

La “no terapia” de Alberto Varela

Por último, me gustaría abordar el puente que Varela construye entre la Escuela Europea Ayahuasquera y la “psicoterapia”. El fundador lo expresa así: “La idea es ampliar la cantidad de gente que pueda llevar adelante los retiros con uso psicoterapéutico de ayahuasca en el mundo, y además profundizar en la calidad de los servicios que ofrecemos. Independientemente de las motivaciones de cada alumno, la clave está en que cada uno viene a aprender a sanar sus partes heridas o no resueltas, para luego, desde dentro, compartir con otros ese heroísmo de haberse conquistado a sí mismo”.

De todos los facilitadores que hay en la organización, sólo uno tiene el título de Psicología (el mismo que de nada sirve, ya que su paradigma y modo de abordar la terapia es radicalmente distinto). No existe ninguna relación entre la psicoterapia como tal y lo que hacen. ¿Dé donde ha sacado el señor Varela esta inexistente relación que presume por doquier en redes sociales y en la manera en que se venden? De un método que él creó llamado: “la no terapia”, que así lo introduce su creador:

“Este abordaje es un juego confrontador que se está perfeccionando a sí mismo a tal punto que en algún momento se puede convertir en un método psicoterapéutico. Por ahora es sólo una técnica que está siendo utilizada por muy pocas personas que se forman personalmente conmigo”. La no terapia la creó Varela al estar haciendo algunas investigaciones y experimentos –como él mismo lo describe en su blog– con personas que se encontraban en un restaurante de Madrid y después en los 14 meses que fue a la cárcel, tiempo que aprovechó para seguir indagando. (Recordemos que él no es psicólogo, y sus “investigaciones” han estado sujetas a su propia subjetividad y sus propias “medidas”).

El camino a la disociación personal

Todo esto le llevó a la siguiente conclusión: “Cuando se trabaja psicoterapéuticamente con personas y no se puede acceder de ninguna manera al núcleo del problema porque los mecanismos de defensa están muy bien organizados y la resistencia es muy fuerte, se recurre a esta técnica que actúa como una bomba que abre la puerta de la verdad y del sentimiento”.

¿Plantea la no terapia como alternativa a la ineficiencia de las terapias serias? ¿Bajo qué criterio? ¿Qué experiencia? ¿Mecanismos de defensa? ¿Acaso sabe algo sobre los mecanismos de defensa, los mismos que te hacen estudiar varios semestres en la carrera de psicología? ¿Resistencia? ¿Sabe la gravedad que implica romper una resistencia a lo brusco si la persona en cuestión no está preparada para asimilar algo de su vida, y mucho menos si la persona responsable no tiene absoluta idea de qué hacer después en cuanto a un seguimiento y proceso psicológico verdadero?

Continúo: “En cierta medida el psicoterapeuta debe asociarse a la mentira que traen sus pacientes o clientes, pero la No-Terapia parte de la base de que todo lo que el ‘yo’ dice acerca de sí mismo y de lo que experimenta es mentira. Por tanto, hay que adentrarse en las diferentes capas de mentiras o máscaras, para ver qué es lo que hay escondido. Pues el acceso a la esencia, a la verdad individual, al sentimiento genuino, es uno de los objetivos de la No-Terapia”.

Cualquier psicólogo o conocedor serio del campo de la mente humana podrá reconocer la barbaridad y el sinsentido de las “hipótesis” y conclusiones de este señor. (Ya muchos lo han hecho). Para empezar, el Yo es nuestra estructura base que nos hace ser quienes somos; es el principio de realidad y, desde hace años hasta hoy, expertos en el campo, psicólogos de verdad, se dedican al estudio del mismo, así como a idear los más adecuados abordajes, siendo conscientes de la complejidad de la mente humana, y que no se puede reducir un mismo método para todos, y mucho menos a los atajos de un discurso tan vacío y delirante como es el de este señor, que afirma que la consciencia es nuestra única guía (cuando actualmente la consciencia es un tema del que no se sabe mucho, y lo poco que sabemos entra en el campo de la Psicología).

Tan peligroso es el discurso de Varela que afirma que la identidad es una de las mayores adicciones. Él, sin conocer absolutamente nada de un tema tan complicado como son las adicciones, nos propone, en pocas palabras, ir des-identificándonos de lo que somos (Yo), reconociendo que es mentira, al mismo tiempo que el consumo de ayahuasca y las demás sustancias contribuyen a la destrucción de dichas estructuras (serio proceso de despersonalización) para al final llegar a la consciencia, siendo esto lo que realmente somos, nuestra “esencia”, tomando por consciencia y esencia, conceptos etéreos, vagos y nada precisos. Y negar tu entera personalidad, disociándote de ella, para acabar identificándote ahora con la “consciencia”.

En conclusión. Personas de carne y hueso, con deseo reales de respuestas, movidas por un genuino dolor, un verdadero desbalance psicológico, emocional; una verdadera búsqueda de la verdadera espiritualidad, y muchos de ellos con problemas reales psicológicos serios, llegan a los retiros de este señor, cuya organización y método en el que se sustenta se reduce a un uso desenfrenado, no regulado y sin estudios serios de un cóctel de variadas drogas que te alteran el funcionamiento cerebral a niveles que escapan a nuestro control, y en un discurso absolutamente delirante, sin validez alguna y que, encima, pretende ser psicoterapéutico (careciendo por completo de un marco terapéutico real). No se juega con estas cosas.

El ex presidente español Felipe González participa en un evento mundial de la Iglesia de la Unificación.

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FUENTE: Varios medios

Recientemente contábamos en InfoRIES (en el boletín nº 728) la ceremonia masiva de boda que tuvo lugar en Corea del Sur, el pasado 7 de febrero, en la que participaron 6.000 parejas acordadas por la Iglesia de la Unificación, fundada por el ya fallecido reverendo Moon. La celebración, dirigida por su viuda, tuvo lugar precisamente en el contexto de los actos del centenario de Sun Myung Moon (1920-2012).

Lo más destacado de la conmemoración Cumbre Mundial 2020 de la Federación por la Paz Universal (UPF World Summit 2020), que ha reunido a 3.500 personas de todo el mundo entre el 2 y el 8 de febrero, según la organización. Algunos medios de comunicación se han hecho eco de la participación de diversas personalidades de sus países respectivos, y otros medios han divulgado comunicados de prensa emitidos por los propios organizadores del evento, de la conocida popularmente como “secta Moon”, ahora tras el nombre de la Federación de Familias para la Paz y la Unificación Mundial.

Entre los españoles, Felipe González

Según informa La Verdad de Ceuta, la delegación española estuvo formada por 5 personas entre las cuales se encontraba el sacerdote hindú ceutí y presidente de la Federación Hindú de España Juan Carlos Ramchandani (Krishna Kripa Dasa) quien fue invitado con todos los gastos pagados por la organización y que participó de forma activa en todas las actividades programadas.

En la sesión inaugural participó, entre otros antiguos jefes de Estado y de Gobierno, Felipe González, que fue presidente del Gobierno de España entre 1982 y 1996. También estaban presentes el ex presidente de Nigeria, Goodluck Jonathan; el ex presidente de Guatemala, Jimmy Morales; el ex presidente de Mali, Dioncounda Traoré; y el ex primer ministro de Portugal y presidente de la Comisión Europea, José Manuel Barroso.

El acto comenzó “con una bendición interreligiosa con representantes del hinduismo, budismo, cristianismo protestante y católico y el islam”, según podemos leer. La bienvenida corrió a cargo del coreano Ban Ki-moon, ex secretario general de la ONU. La sesión inaugural termino con un espectáculo de música y danza de Corea y una cena para más de 4.000 comensales.

El sacerdote hindú español Juan Carlos Ramchandani relata en su crónica: “mi agradecimiento a la Federación por la Paz Universal por invitarme y organizar mi viaje y alojamiento. Agradezco muy especialmente a Armando Lozano, director de Espacio Ronda y director de UPF en España, por confiar en mí y ser uno de los pocos afortunados de nuestro país en poder asistir a esta Cumbre Mundial”.

Premios a un presidente y a un obispo

Según leemos en La Vanguardia, en un comunicado remitido por PRNewswire, el 5 de febrero se entregó el Premio Sunhak de la Paz 2020, “que conmemora el centenario del fundador”, en Kintex (Ilsan, Corea del Sur). Fue otorgado a Macky Sall, presidente de Senegal desde 2012, y a Munib A. Younan, obispo luterano emérito de Jordania y Tierra Santa, en calidad de presidente honorario internacional de Religiones por la Paz (otra entidad de la Iglesia de la Unificación).

El presidente Sall fue galardonado por haber reducido con éxito el mandato presidencial de siete a cinco años, y por haber reactivado la economía a través de políticas de transparencia, difundiendo así la democracia madura a los países vecinos del continente africano, en los que todavía abundan la dictadura de largo espectro y la pobreza. El obispo luterano Younan fue galardonado por sus 40 años de trabajo para promover la armonía entre el judaísmo, el cristianismo, y el Islam en Oriente Medio y, en particular, para solucionar el conflicto palestino-israelí, según la información divulgada por la “secta Moon”.

Además, con motivo del centenario del reverendo Sun Myung Moon, se entregó un premio especial (Founders’ Centenary Award) al ex secretario general de las Naciones Unidas, Ban Ki-moon. Éste condujo a la organización hacia la consecución de un mundo sostenible con una inquebrantable dedicación frente a los desafíos y las crisis mundiales sin precedentes, incluidos la crisis económica internacional, el cambio climático, el terrorismo y las cuestiones relacionadas con los refugiados.

A la ceremonia asistieron más de 5.000 personas, entre ellas anteriores y actuales jefes de estado y representantes de diversas organizaciones gubernamentales, académicas, sectoriales, de medios de comunicación y religiosas de todo el mundo. El premio Sunhak de la Paz se concede a personas y organizaciones que han contribuido en gran medida a la paz de las futuras generaciones y al desarrollo humano, según sus promotores.

Eventos en EE.UU. y Corea

Según otro comunicado de la secta, los miembros de la Federación de Familias para la Paz y la Unificación Mundial conmemoran el centenario de su difunto fundador, el reverendo Sun Myung Moon, y el septuagésimo séptimo cumpleaños de su esposa, la Dra. Hak Ja Han Moon. Se han llevado a cabo celebraciones en los 50 estados de los EE.UU. y se han celebrado cinco grandes reuniones regionales el 25 de enero. Asimismo, ha tenido lugar una semana de eventos internacionales y celebraciones del 2 al 8 de febrero en la Corea natal del reverendo Moon.

Líderes religiosos y jefes de estado, actuales y anteriores, han asistido a la Cumbre Mundial 2020 de la Federación Universal de la Paz, a la celebración del centenario del reverendo Moon y a la ceremonia de bendición del matrimonio en el Centro Internacional de Exposiciones Kintex en Seúl. Según la secta, líderes mundiales han enviado felicitaciones durante muchas décadas al reverendo Moon y a sus contribuciones para hacer una sociedad global más pacífica, incluidos Mickhail Gorbachev, Yasuhiro Nakasone, Carlos Menem, Richard Nixon, Ronald Reagan, George H. W. Bush y Barack Obama.

Desde la muerte de su esposo en 2012, la Dra. Hak Ja Han Moon, cariñosamente conocida como la Madre de la Paz, ha continuado el legado de su esposo y ha establecido una coalición de parlamentarios y líderes religiosos para crear modelos para el buen gobierno y fortalecer el diálogo interreligioso. En solo unos pocos años, ha completado dos giras mundiales y ha convertido las reuniones de ‘Peace Starts with Me’ en el evento de paz más celebrado de EE.UU.

De Cuba: masones, cristianos y artistas

Según leemos en el portal Asere, por vez primera, una representación de la sociedad civil cubana ha participado en esta cumbre. La delegación cubana ha estado conformada por masones, cristianos y artistas a quienes une la aspiración de trabajar por la libertad, la paz, la cooperación y la prosperidad.

“No hay posibilidad de establecer paz sino es a través de la creación de la paz interna en cada ser humano”, declaró José Yván Yanez Rodríguez, líder de la Federación de Familias para la Paz y la Unificación Mundial en Cuba. Para este pastor cubano, Cuba, como muchas naciones del mundo, necesita de diálogos sinceros y reales para lograr la paz tanto entre opositores y gobernantes, como entre religiosos, y entre políticos y religiosos.

De México: 8 senadores y diputados

En el medio mexicano Debate, Raymundo Riva Palacio ha desvelado que ocho legisladores, mujeres y hombres, senadores y diputados, de Morena y el PAN, además de una magistrada, emprendieron lo que denomina un viaje de ignominia a Seúl, capital de Corea del Sur. Van con todos los gastos pagados por la Federación Universal de la Paz, a la cumbre mundial 2020.

La Cumbre abordó una amplia variedad de temas durante toda la semana que no tienen que ver con las comisiones en donde participan los parlamentarios, ni se sabe qué propósito tendría para su trabajo legislativo esa participación. Quizás no saben el trasfondo de ese encuentro internacional, ni conocen las raíces de donde surgió esa Federación. Ignorarlo es una vergüenza; saberlo e ir de cualquier forma, es una afrenta.

En la lista de invitados figuran dos miembros de Morena, la diputada Lucía Meza Guzmán y el senador Ulises Murguía Soto. Por el PAN acudieron las diputadas Madeleine Bonnafoux Alcaraz, Annia Sarahí Gómez Cárdenas, Ana Paola López Birlain y Janet Melanie Murillo Chávez, junto con el diputado panista Felipe Fernando Macías Olvera. Finalmente, en la comitiva fue Graciela Guadalupe Buchanan Ortega, magistrada del Tribunal Superior de Justicia de Nuevo León.

El “mesías” que fue gladiador contra el comunismo

El analista va más allá en su artículo. Comenta que el nombre con el que se bautizó la Cumbre es rimbombante, “Logrando la Paz Mundial y la Reunificación de la Península de Corea a Través de la Interdependencia, la Prosperidad Mutua y los Valores Universales”, que dice todo y a la vez no dice nada.

Pero el fondo del encuentro, deberían saberlo o explicar por qué a sabiendas asistirán, es menos altruista: conmemorar los 100 años del nacimiento de Sun Myung Moon, que significa Luna que Resplandece con el Sol, fundador de la Iglesia de la Unificación, desde donde se creó un imperio económico y político al servicio de los gobiernos más conservadores de Estados Unidos, embarcados en la destrucción de la Unión Soviética.

Moon fue en todos los sentidos un personaje de armas tomar. Tras la fundación de la Iglesia de la Unificación en 1954, construyó durante un cuarto de siglo ese imperio de ideología extremista, expandiéndose al mundo en los 80’s, cuando el autoproclamado “mesías” se convirtió en el feroz gladiador de la Guerra Fría al servicio de los gobiernos republicanos en Washington y sus aliados en Europa, Asia y América Latina. Cuando murió en 2012, su fallecimiento fue noticia mundial.

Todo un entramado empresarial y mediático

En el obituario que publicó The Guardian por su muerte, describía como en varios momentos fue propietario o controlaba una armadora de coches en China; una mina de titanio, una fábrica de armas y una empresa de industria pesada en Corea del Sur; poseía casinos, hoteles y largas extensiones de tierra en América del Sur; un hotel en Nueva York, una pescadería en Alaska, un campo de golf en California, una compañía de computadoras en Japón; una universidad en Nueva Inglaterra; periódicos en Corea del Sur, Argentina y Japón; y en Estados Unidos era propietario del periódico The Washington Times, de la agencia de noticias UPI, de la revista Insight, de una cadena de televisión por cable; una casa editorial y el periódico Tribune en Nueva York y numerosas joyerías y restaurantes.

Eran los años de gloria del imperio Moon, con acceso a los líderes que peleaban por la destrucción de la Unión Soviética, y que servía los intereses estratégicos de las fuerzas más reaccionarias de Estados Unidos, de su gobierno y los servicios de inteligencia. En América Latina entraron por Uruguay, donde gobiernos de derecha e izquierda aceptaron sus inversiones con gusto, llegando a ser conocida su capital como “Moontevideo”. En Buenos Aires lanzó un periódico semanal de adoctrinamiento, Noticias del Mundo.

The Guardian recordó en el obituario que tenía una historia documentada de una política teocrática de extrema derecha, de antisemitismo, empapado en rumores sobre abusos sexuales y que, además, había estado preso en 1982 en Estados Unidos por evasión fiscal. Todo ese pasado es la síntesis que recogen las diversas organizaciones controladas por la “secta Moon”, como fue mundialmente conocida.