postato: 19 maggio 2017
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Come abbiamo già sottolineato altrove, il satanismo dei nostri giorni si è manifestato negli anni Sessanta del secolo scorso. Tuttavia, le sue radici affondano nelle dottrine di alcune società segrete nate nell'Ottocento (Ordo Templi Orientis, Golden Dawn, Società Teosofica, ecc...), tutte fondate da personaggi che militavano nelle file della Massoneria o che orbitavano attorno ad essa. Ciò che questo articolo mette in luce è un vero e proprio tentativo di riabilitazione della figura del diavolo iniziata a cavallo del Settecento e dell'Ottocento ad opera di una folta schiera di scrittori, soprattutto inglesi, appartenenti a quella corrente detta «romanticismo». Sotto la loro penna il demonio ha iniziato ad apparire ben diverso dall'omicida e padre della menzogna che ci presenta la Sacra Scrittura e la religione cattolica. Egli è divenuto «la stella del mattino», la figura impavida di Prometeo che ruba il fuoco agli dèi gelosi per donarlo agli uomini, il simbolo della rivolta contro la tirannia. A dire il vero, questo tentativo di risollevare il maligno per conferirgli un ruolo di primo piano nella Storia dell'umanità non è una novità. Già gli eretici gnostici dei primi secoli dell'era cristiana avevano recuperato la figura Satana mettendolo sullo stesso piano di Cristo (dualismo). Entrambi sarebbero eoni emanati dal pleroma per rimediare il pasticcio combinato dal Demiurgo (Yahwéh), una divinità inferiore e maldestra che avrebbe racchiuso le anime (scintille divine) nei corpi (da qui l'odio per la materia). E poiché la Gnosi non è mai morta, ma ha subito diverse trasformazioni adattandosi ai tempi, vediamo riemergere questa tesi bizzarra negli scritti e nel pensiero di personaggi come Carl Gustav Jung, una delle più importanti figure di riferimento della cultura moderna. Lo scopo perseguito nel corso dei secoli rimane sempre il medesimo: come scrive l'Autore di questo articolo, occorre «consegnarsi al demonio», nella vana speranza di potere diventare come dèi, conoscitori del bene e del male.
(Introduzione a cura del Centro Culturale San Giorgio).
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«Guai a coloro che chiamano bene
il male e male il bene, che
cambiano le tenebre in luce e la
luce in tenebre, che cambiano
l'amaro in dolce e il dolce in amaro».
- Dal Libro del Profeta Isaia (Is 5,
20).
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LA GNOSI NELLA CULTURA MODERNA
Gli Ofiti: il Serpente come liberatore
Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo giustifica. Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le vette ghiacciate. Colora di sé il peculiare titanismo moderno, la provocatoria sfida che esso lancia all'Eterno.
Se il Faust antico, quello di Christopher Marlowe (1564-1593), si pente in punto di morte, quello posteriore vive dell'oltraggio, brama la dissoluzione. Il patto col serpente, come titola Mario Praz, uno dei suoi ultimi volumi 2, diviene ora stabile. Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l'uomo al di là del bene e del male, al di là della «legge», al di là del Dio antico, nemico della libertà.
Da sinistra: il poeta britannico Christopher Marlowe, il libro Il Patto col Serpente e il suo autore, il saggista italiano Mario Praz.
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Gli ultimi duecento anni riscoprono «il principio liberatore del mondo [affermato] dalla setta degli Ofiti» 3, principio intravisto, secondo lo studioso della Kabbalah Gershom Scholem (1897-1982), dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai «serpenti» 4. Principio riaffermato dal filosofo marxista Ernst Bloch (1885-1977) nel suo Ateismo nel cristianesimo dove il Cristo-Serpente libera il mondo dalla tirannia di Yahwéh 5.
Il termina «sabbatista» si rifà a Sabbatai Zevi (1626-1676), un mistico, cabalista, asceta e agitatore politico-religioso ebreo ottomano. Nel XVII secolo, egli fu considerato virtualmente dall'intera popolazione ebraica di Europa, Nord Africa e Medio Oriente come il Messia atteso. Fu il protagonista e l'iniziatore del più grande movimento messianico nella storia dell'ebraismo. Egli insegnava che per purificare Dio (sic) occorreva commettere i peccati più immondi, un concetto che ritroveremo nel corso di questo scritto e che sembra essere una costante della teosofia gnostica.
(Nota a cura del Centro Culturale San Giorgio).
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Anche Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), secondo il filosofo italiano Vittorio Mathieu, «aveva sentito parlare della sétta degli Ofiti» 6. Nel suo Goethe e il suo diavolo custode, Mathieu osserva come nel Faust Mefistofele è la «forza che fa emergere dalla tenebra il positivo dell'uomo» 7. Come afferma Dio, rivolto a Mefistofele nel Prologo in Cielo,
«non hai che da mostrarti, liberamente, quello che sei; non ho mai odiato i tuoi pari; di tutti gli spiriti che negano, il beffardo è quello che mi dà noia minore. L'attività dell'uomo si affloscia troppo facilmente ed egli si adagerebbe con piacere in un assoluto riposo. Perciò gli metto volentieri accanto un compagno che lo sproni, ed agisca, e deve, come diavolo, creare» 8.
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Gershom Scholem
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Ernst Bloch
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Johann W. Goethe
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Il diavolo è posto volentieri («gern») da Dio come collaboratore dell'uomo. Come notava lo storico delle religioni Mircea Eliade (1907-1986), «si potrebbe parlare di una simpatia organica tra il Creatore e Mefistofele» 9. Goethe fa di Mefistofele, del male, la molla che muove verso l'azione («Tat»), verso ciò che è positivo. Si tratta dell'idea, destinata a percorrere molta strada, per cui la via verso il Cielo passa attraverso l'inferno.
L'uomo diventa uomo, vivo, intelligente, libero, solo assaporando fino in fondo l'amaro della vita. L'innocenza dell'«anima bella» è, al contrario, inerzia, stasi, morte. Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest'idea. L'uomo deve peccare, deve uscire dall'innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza
«è l'origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l'uomo beve la morte e la putrefazione, e nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo è in sé il superamento del male» 10.
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Mircea Eliade
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Wilhelm F. Hegel
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Attraverso questa prospettiva la figura dell'Angelo ribelle, di colui che, provocando l'uomo, lo innalzerebbe alla sua libertà, rifulge di uno splendore nuovo. Mefistofele diviene, passo dopo passo, l'eroe, il Prometeo moderno, il liberatore. Scriveva nel 1937 il critico letterario francese Roger Caillois (1913-1978):
«Senza cercarne per il momento le cause profonde, bisogna constatare come uno dei fenomeni psicologici più carico di conseguenze dell'inizio del XIX secolo sia la nascita e la diffusione del satanismo poetico, il fatto che lo scrittore assuma volentieri la parte dell'Angelo del male e con lui senta precise affinità. Sotto questa luce il romanticismo appare in parte come una trasmutazione di valore» 11.
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Sopra: Roger Caillois.
Da George Gordon Byron (1788-1824) ad Alfred de Vigny (1797-1863) la «mitologia satanica» elabora la figura di un «Angelo del male», ribelle e vendicatore, le cui premesse risalgono indietro nel tempo.
Lord Byron
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Alfred de Vigny
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Satana contro Dio
Giustamente Mario Praz, nel suo La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l'opera a tutt'oggi più interessante sul fascino del demoniaco nella letteratura dell'Ottocento, indica l'inizio di questo processo nella peculiare caratterizzazione di Satana offerta da John Milton (1608-1674) nel suo Paradiso perduto.
«Fu Milton a conferire alla figura di Satana tutto il fascino del ribelle indomito che già apparteneva alle figure del Prometeo eschileo e del Capaneo dantesco» 12.
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Sopra: il poeta inglese John Milton e la sua opera Paradiso Perduto.
L'Avversario «diventa stranamente bello» 13. Come scriveva il poeta decadentista francese Charles Baudelaire (1821-1867), «le plus parfait type de Beauté virile est Satan - à la manière de Milton» («Il tipo più perfetto di Bellezza virile è Satana - alla maniera di Milton») 14. Al suo confronto, osserva il critico letterario statunitense Harold Bloom, «il Dio di Milton è una catastrofe», così come il Cristo, il quale «è un disastro poetico nel "Paradiso perduto"» 15. Per il poeta britannico William Blake (1757-1827),
«Milton era impacciato scrivendo di Dio e degli Angeli, e a suo agio scrivendo dei demòni e dell'inferno, poiché egli era un vero Poeta, e dalla parte del demonio senza saperlo» 16.
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Charles Baudelaire
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Harold Bloom
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William Blake
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Giudizio, questo, perfettamente condiviso dall'altro poeta inglese Percy Bysshe Shelley (1792-1822) per il quale
«nulla può superare l'energia e lo splendore del carattere di Satana quale si trova espresso nel "Paradiso perduto" […]. Il demonio di Milton come essere morale è di tanto superiore al suo Dio» 17.
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Sopra: il poeta britannico Percy B. Shelley.
Impavido, indomito, il principe delle tenebre appare come lo strenuo lottatore contro la tirannia divina. Satana è Prometeo, prende il posto del mitico titano incatenato da Zeus alla rupe, immortalato dalla fantasia di Eschilo. Il Prometeo moderno si oppone al dio ostile, malvagio. Il luciferino Satana appare migliore del Creatore:
«Milton conferisce apertamente un atteggiamento gnostico a Satana, secondo il quale Dio e Cristo sono soltanto versione del Demiurgo» 18.
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Il vero affermativo è il demonio. È lui, e non l'angelo obbediente, che appare, eticamente ed esteticamente, dotato di un fascino più grande. Come asserisce Hegel,
«quando si presenta il diavolo bisogna dimostrare che vi è in lui un affermativo; la sua forza di carattere, la sua energia, il suo spirito consequenziale appare di gran lunga migliore, più affermativo di quello di qualche angelo […]. Come in Milton - aggiunge Hegel - dove egli, nella sua energia piena di carattere, è migliore di alcuni angeli» 19.
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Sopra: due incisioni di William Blake che ritraggono Satana trionfante.
Grazie a Milton, alla sua rielaborazione mitica, Satana fa così il suo ingresso nell'immaginario moderno. Si ha con ciò quella che Praz chiama, in un capitolo del suo volume, la «metamorfosi di Satana», il suo trapassare da figura negativa a eroe positivo: il ribelle triste, privato, come l'uomo, della sua felicità paradisiaca da un dio tiranno. Nel suo studio Praz documenta, con grande perizia, autori e correnti che fanno propria la mitologia satanica.
Se nel Settecento «il Satana miltonico trasfuse il suo fascino sinistro nel tipo tradizionale del bandito generoso, del sublime delinquente» 20, è nell'Ottocento, nella temperie romantica, che egli diviene il ribelle, l'espressione della rivolta metafisica, del «no» alla creazione. Fu Byron «a portare a perfezione il tipo del ribelle, lontano discendente del Satana di Milton» 21.
Con lui il ribelle diviene lo «straniero», l'uomo impenetrabile che trascende l'ordinario modo di sentire, che trascende i suoi stessi delitti. È l'oltre-uomo che sta più in alto e al contempo più in basso degli altri uomini. È l'infelice che si nutre di risentimento verso un dio crudele del quale imita la crudeltà. La teologia di Byron è, secondo Praz, la stessa del marchese de Sade (1740-1814) la cui opera, secondo l'autore, ha una influenza fondamentale nella letteratura romantica.
Sopra: il marchese de Sade.
Al centro vi è l'odio verso la creazione e il suo autore, l'esaltazione del piacere e del crimine come dileggio, profanazione, oltraggio. Siamo qui di fronte, per Praz, ad un «satanismo cosmico» 22. La sua influenza è enorme. Se la natura crea solo per distruggere, assecondare la natura è ripeterne il ritmo, il piacere della distruzione, il gusto (sadico) che fa sorgere il piacere dal dolore, il delirio dall'annientamento, il divino dal diabolico. È la pittura di Eugène Delacroix (1798-1863).
«Quel pittore "cannibale", "molochista", "dolorista" che fu Delacroix, instancabilmente curioso di stragi, di incendi, di rapine, di putrideros, illustratore delle scene più cupe del Faust e dei poemi più satanici del suo idolatrato Byron; quell'innamorato di felinità […] e dei Paesi violenti e calorosi» 23.
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Sopra: il pittore francese Eugène Delacroix.
È la poesia di Baudelaire, nutrita di Edgar Allan Poe (1809-1849) e di de Sade, il cui pessimismo cosmico è più simile all'eresia manichea che alla religione cristiana: «Absolu! Résultante des contraires! Ormuz et Arimane, vous êtes le même»! («Assoluto! Ciò che risulta dai contrari! Ormuz e Arimane, voi siete la stessa cosa»!) 24. È la narrativa dello scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880), per il quale «Néron vivra aussi longtemps que Vespasien, Satan que Jésus-Christ» («Nerone avrà vita lunga tanto quanto Vespasiano, Satana quanto Gesù Cristo») 25.
Dei Canti di Maldoror del conte di Lautréamont (1846-1870), il quale confessa di aver «cantato il male come hanno fatto Mickiewicz, Byron, Milton, Southey, A. de Musset, Baudelaire» 26. Del poeta inglese Algernon Swinburne (1837-1909) che, avvinto dalla teologia gnostica di de Sade, declama il suo uomo in rivolta:
«Potessimo ostacolare la natura, allora sì il delitto diventerebbe perfetto e il peccato una realtà. Se l'uomo potesse far questo, se egli potesse intralciare il corso delle stelle e alterare il tempo delle maree; se potesse cambiare i moti del mondo e trovar la sede della vita e distruggerla; se potesse entrare in cielo e contaminarlo, nell'inferno e liberarlo dalla soggezione; potesse trar giù il Sole e consumare la terra, e ordinare alla Luna di spargere veleno o fuoco nell'aria; potesse uccidere il frutto nel seme e corrodere la bocca del pargolo col latte di sua madre; allora si potrebbe dire d'aver peccato e d'aver fatto del male contro natura» 27.
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Gustave Flaubert
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Lautréamont
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Algernon Swinburne
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Distruzione e profanazione: questo è il piacere più grande! Un filone consistente della letteratura, a partire dal romanzo libertino del Settecento, gode della profanazione. La violazione appassiona in quanto trasgressione, oltraggio. Il corpo, quello della donna, è tanto più oggetto del desiderio quanto più esso è inerme (bambina, vergine, suora).
Profanarlo è togliere la trascendenza, ricondurre alla terra, svelare il volto oscuro di Eva, l'eterno femminino da sempre legato al potere di Satana. Il demoniaco mescola il puro e l'impuro, ha bisogno dell'innocenza per eccitare le passioni, per destare la forza dirompente del negativo. Con de Sade l'eros diviene parte di una teologia gnostica. Dopo di lui il connubio tra Eros e Thanatos, amore e morte, diviene l'elemento dominante di un nichilismo luciferino che trova nel decadentismo prima e nel surrealismo poi il suo compimento.
Sopra: Eva sedotta dal Serpente nell'Eden.
Satana in Dio
Satana non è solo in Prometeo, controfigura dell'Angelo caduto di Milton. Satana è anche in Dio. La teologia gnostica che sta al centro dell'ateismo ribelle degli ultimi due secoli distingue tra Lucifero (il liberatore) e Satana (l'oppressore). Essa trova la sua forma esemplare nel pensiero di Ernst Bloch. Per Bloch vi è
«da un lato il Dio del mondo che si identifica sempre più chiaramente con Satana, il Nemico, il ristagno; dall'altro il Dio della futura ascesa in cielo, il Dio che ci spinge in avanti con Gesù e con Lucifero» 28.
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Il dio del mondo, creatore, è il cattivo demiurgo contro cui, nell'Eden, si è levato il Serpente vero amico dell'uomo. È Lucifero, con il suo desiderio di essere come Dio, che svela all'uomo la sua destinazione.
«Solo in Lucifero, tenuto segreto in Gesù per essere manifestato più tardi, alla fine, nei tempi in cui questo volto potrà svelarsi; solo in Lucifero, divenuto inquieto da quando fu abbandonato per la seconda volta, da quando dalla croce si alzò il grido che rimase senza risposta, da quando per la seconda volta fu schiacciato il capo del Serpente del paradiso appeso alla croce: solo in Lui dunque, nel Nascosto in Cristo, in quanto anti-demiurgico assoluto, è compreso anche l'autentico elemento teurgico di chi si ribella perché figlio dell'uomo» 29.
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Sopra: la copertina di Spirito dell'utopia (1918), di Ernst Bloch,
l'opera da cui sono state estratte le ultime due citazioni.
Il Serpente, come per la sétta degli Ofiti ricordata da Bloch in Ateismo nel cristianesimo, è quindi il liberatore. Due volte soggiogato, nell'Eden e nel Cristo innalzato in croce come il Serpente di bronzo di Mosè, esso attende la sua rivincita, la sua vittoria sul Demiurgo che apre l'«età dello Spirito». Unendo assieme lo gnostico Marcione (85-160) e dal monaco Gioacchino da Fiore (1130-1202), Bloch è il crocevia di tutta la Gnosi moderna.
Secondo Gioacchino da Fiore, le epoche nelle quali era divisa la Storia dell'uomo erano tre, ognuna riconducibile ad una Persona della SS.ma Trinità: nella prima era aveva dominato il Padre, simbolo di potere e terrore, al quale si era ispirato l'Antico Testamento; nel secondo periodo, il riferimento era il Figlio, ispiratore del Nuovo Testamento; nella terza era, lo Spirito Santo, che avrebbe svelato il vero significato dei Sacri Testi, al di là della sua interpretazione letterale. Questa dottrina fu condannata dalla Chiesa in quanto la Rivelazione divina si è conclusa con la morte dell'ultimo Apostolo, e quindi non esisterà mai alcuna era dello Spirito Santo.
(Nota a cura del Centro Culturale San Giorgio).
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Gesù, anticipazione del dio a venire, del dio «umano», è il redentore dal dio «satanico», dal dio del cosmo, dell'ordine e della legge. La Rivoluzione, come dissoluzione del vecchio ordine, diviene qui l'opera luciferina per eccellenza. Come illustre precedente delle sue riflessioni, Bloch richiama, in Ateismo nel cristianesimo, la figura di William Blake.
Il poeta inglese, affascinato dalla Rivoluzione Americana e da quella Francese, ebbe, oltre alla Bibbia, quattro maestri: Milton, William Shakespeare (1564-1616), l'alchimista e astrologo Paracelso (1493-1541) e il filosofo Jacob Böhme (1575-1624). Al primo dedicò un breve poema epico, Milton, composto probabilmente tra il 1800 e il 1803. In esso Urizen, il Principe della Luce, appare identico a Satana. Ciò che è peculiare in Blake è il suo The Marriage of Heaven and Hell («Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno»), scritto nel 1790.
Da sinistra: Paracelso, Jacob Böhme e l'opera di William Blake The Marriage of Heaven and Hell.
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Qui la santificazione degli impulsi e dei desideri, in primis quello sessuale, «for everything that lives is Holy» («poiché ogni cosa vivente è Sacra»), ottiene la sua consacrazione teorica. Per essa non vi è più il male che nega il bene: male e bene sono entrambi necessari.
«Senza Contrari non c'è progresso. Attrazione e Ripulsa, Ragione e Energia, Amore e Odio sono necessari all'Umana esistenza. Da questi contrari scaturisce ciò che l'uomo religioso chiama Bene e Male. Bene è la passività che ubbidisce a Ragione. Male è l'attività che scaturisce da Energia. Bene è il Cielo, Male è l'Inferno» 30.
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Sopra: Urizen dipinto da William Blake.
Il male, come nel Faust di Goethe, è ciò che dà energia, che desta il bene assopito. Il diavolo è la forza di Dio. In questa sua concezione Blake era debitore a colui che, per primo, nell'arco del pensiero moderno, aveva osato affermare il male in Dio: Jacob Böhme. Il philosophus teutonicus, il quale, secondo Hegel, «fu il primo a far sorgere in Germania una filosofia con caratteristiche proprie» 31, stimato da Leibniz, Hegel, Schelling, von Baader e da tutto il filone teosofico del pensiero moderno, è colui per il quale «secondo il primo principio Dio non si chiama Dio, ma Collera, Furore, sorgente amara, e vengono di qui il male, il dolore, il tremore e il fuoco divorante» 32.
L'ira di Dio è superata nell'amore; cionondimeno, essa rimane l'Urgrund, il principio originario da cui origina il tutto. Böhme, secondo Hegel, «ha lottato per intendere in Dio e da Dio il negativo, il male, il diavolo» 33. Dio è l'unità dei contrari, dell'ira e dell'amore, del male e del bene, del diavolo e del suo contrario, il Figlio. In questa posizione Cristo e Satana divengono in qualche modo fratelli, figli di un unico Padre, parti di Lui, momenti della sua natura polare.
È quanto affermerà Carl Gustav Jung (1875-1961) nel suo esoterico Septem Sermones ad Mortuos, scritto nel 1916, fatto circolare come opuscolo per gli amici e mai distribuito in libreria. Il testo, che si richiama idealmente allo gnostico Basilide (vissuto nel II sec. D. C.), afferma la natura di «pleroma» di Dio composta da coppie di opposti di cui «Dio e demonio sono le prime manifestazioni» 34. Essi si distinguono come generazione e corruzione, vita e morte. E tuttavia,
«l'effettività è comune a entrambi. L'effettività li unisce. Quindi l'effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza» 35.
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Sopra: lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung
e il suo Septem Sermones ad Mortuos.
Questo Dio che unisce Dio e il diavolo è chiamato, da Jung, Abraxas. Esso è la forza originaria, che sta prima di ogni distinzione.
«Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile» 36.
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Sopra: rappresentazione di Abraxas, un eone di grande importanza
secondo la dottrina gnostica dei primi secoli della nostra era.
Esso è «l'amore e il suo assassino», «il santo e il suo traditore», è «il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione» 37. Il messaggio esoterico dei Septem Sermones ad Mortuos portava, come in Blake, alla santificazione della natura, all'innocenza del divenire. Esso implicava, per ciò stesso, la giustificazione del male, del diavolo, il suo inserimento, come in Böhme, in un sistema polare. Non a caso Martin Buber (1878-1965), venuto a conoscenza dell'opuscolo, parlerà qui di Gnosi.
«Essa - e non l'ateismo che annulla Dio perché deve rifiutare le immagini che finora di lui sono state fatte - è il vero antagonista della realtà della fede» 38.
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Per Buber, la psicologia di Jung non costituiva altro che
«la ripresa del motivo carpocraziano, insegnato ora come psicoterapia, il quale divinizza misticamente gli istinti invece di santificarli nella fede» 39.
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Sopra: il teologo e filosofo ebreo Martin Buber.
Il rilievo di Buber non era puramente congetturale. Era stato lo stesso Jung che, in Psicologia e religione, aveva richiamato l'attualità dello gnostico Carpocrate (vissuto nel II sec. D. C.), il quale sosteneva che
«bene e male sono soltanto opinioni umane e che al contrario le anime, prima della loro dipartita, avrebbero dovuto vivere fino all'ultimo ogni umana esperienza, se volevano evitare di ritornare nella prigione del corpo. Soltanto il completo adempimento di ogni esigenza della vita può riscattare l'anima prigioniera nel mondo somatico del Demiurgo» 40.
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Sopra: lo gnostico egizio Carpocrate.
La vita, affermava nel Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità,
«come processo energetico ha bisogno dei contrasti, senza i quali l'energia è notoriamente impossibile. Bene e male non sono altro che gli aspetti etici di queste antitesi naturali» 41.
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Per questo a Dio è necessario Lucifero. «Senza quest'ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione. L'ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione» 42. Quest'ombra è innanzitutto in Dio, nel Dio primigenio, nell'Inconscio che, per Jung, è la vera potenza che dirige la vita la quale deve essere «umanizzata» dall'io cosciente.
«Ciò che noi dobbiamo dire alle folle è: "Noi adoriamo un Dio, ma è il Dio che si adora senza superstizione" [...]. La religione massonica dovrebbe essere mantenuta, da tutti noi iniziati degli alti Gradi, nella purezza della dottrina luciferina. Se Lucifero non fosse Dio, Adonai (il Dio dei cristiani), le cui azioni provano la sua crudeltà, perfidia, odio per l'uomo, barbarie e repulsione per la scienza, lo avrebbe calunniato con i suoi preti? Sì, Lucifero è Dio, e sfortunatamente anche Adonai è Dio. Per la legge eterna, per cui non v'è luce senza ombra, bellezza senza bruttezza, bianco senza nero, l'assoluto può esistere solo come due Divinità: essendo l'oscurità necessaria alla luce per servirle da contrasto [...]. E la vera e pura religione filosofica è la fede in Lucifero, l'eguale di Adonai; ma Lucifero, Dio di Luce e Dio del Bene, sta lottando per l'umanità contro Adonai, il dio delle tenebre e demonio».
- Albert Pike (1809-1891), Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese della Massoneria, in un discorso tenuto in Francia nel 1889.
(Nota a cura del Centro Culturale San Giorgio).
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È solo nel Dio umano, Cristo, che il giudizio separa quanto nel pleroma (l'inconscio) è unito: la luce e la sua ombra. Ora i «due figli di Dio, Satana il maggiore e Cristo il minore» 43, la mano sinistra e la mano destra di Dio, si separano.
«Quest'antitesi rappresenta un conflitto portato all'estremo, e con ciò anche un compito secolare per l'umanità fino a quel punto o a quella svolta del tempo in cui bene e male cominciano a relativizzarsi, a porsi in dubbio, e si alza il grido verso un al di là del bene e del male. Ma nell'età cristiana, cioè nel regno del pensiero trinitario, una simile riflessione è semplicemente esclusa; poiché il conflitto è troppo violento, perché si potesse concedere al male qualche altra relazione logica con la Trinità, che non fosse il contrasto assoluto» 44.
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Sopra: Cristo tentato da Satana nel deserto.
Occorre che la Trinità divina, spirituale, si concili con un «quarto» principio: la materia, il corpo, il femminile, l'eros, il male, perché l'idealismo cristiano, conciliato con il mondo, pervenga ad una superiore unità.
«Perciò anche nel tempo dell'assoluta fede nella Trinità ci fu sempre una ricerca del quarto perduto, dai neopitagorici greci fino al "Faust" di Goethe. Benché questi cercatori si ritenessero cristiani, essi erano tuttavia una specie di cristiani "a latere", poiché consacravano la loro vita a un "opus", che aveva come mèta la redenzione del "serpens quadricornutus", dell'"anima mundi" irretita nella materia, del Lucifero caduto [...]. La nostra formula della quaternità dà ragione alla loro pretesa, poiché lo Spirito Santo, come sintesi di colui che fu originariamente Uno e poi scisso, fluisce da una sorgente luminosa e da una oscura» 45.
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L'«età dello Spirito», nella peculiare interpretazione che Jung dà di Gioacchino da Fiore, è l'era che segue all'eone cristiano, il tempo di Abraxas in cui passioni e ragione, inconscio e conscio, male e bene, Lucifero e Cristo, diverrano uno. Nel 1919, Hermann Hesse (1877-1962), che nel 1920 si sottopose ad analisi con Jung, pubblicò un romanzo, Demian, sotto lo pseudonimo di Emil Sinclair. In esso, il protagonista, un giovane inesperto, viene istruito sul senso della vita da uno spirito «libero» che porta in sé il segno di Caino: Demian. Per Demian,
«il Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento è una figura eccellente, ma non è quella che dovrebbe essere. È il bene, la nobiltà, il padre, l'alto, il bello, il sentimentale: tutte belle cose, ma il mondo è fatto anche di altro. E ciò viene attribuito semplicemente al diavolo, e tutta questa parte del mondo, questa metà viene soppressa e uccisa col silenzio» 46.
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Sopra: il filosofo svizzero Hermann Hesse e il suo libro Demian (1952).
Ad essa appartiene, secondo Demian, la sfera sessuale. Per questo non si può solo venerare Dio,
«dobbiamo venerare tutto e considerare sacro il mondo intero, non soltanto questa metà ufficiale, separata ad arte. Accanto al servizio per Dio dovremmo avere anche un servizio per il diavolo. A me parrebbe giusto. Oppure ci si dovrebbe procurare un Dio che racchiuda anche il demonio» 47.
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Come in Jung, questo «Dio si chiama Abraxas ed è Dio e Satana, e abbraccia in sé il mondo luminoso e il mondo scuro» 48. È l'amor sacro e l'amor profano, «l'immagine angelica e Satana, uomo e donna insieme, uomo e bestia, supremo bene e male estremo» 49. La visione del divino come coincidentia oppositorum, versione che sigla in forma indissolubile il «patto con il Serpente», attraversa, in tal modo, una parte cospicua del mondo culturale del Novecento.
Ricordiamo, tra gli altri, la riflessione di Mircea Eliade che in due scritti, Il mito della reintegrazione (1942) e Mefistofele e l'Androgine (1962), espone, sotto le suggestioni di Jung, la sua visione della «polarità divina». Per essa, ogni divinità appare polare, benefica e malefica ad un tempo. Il Serpente è fratello del Sole, così come, secondo un mito gnostico, lo sarebbero Cristo e Satana. Questa bi-unità divina prepara, nell'uomo, la reintegrazione di sacro e profano, di bene e di male in una unità superiore che trova, per Eliade, la sua mèta simbolica nella figura dell'Androgino.
Sopra: l'Androgino degli alchimisti (il Rebis),
l'equivalente dell'Adam Kadmon della Kabbalah.
Conclusione
La moderna teosofia degli opposti, fondata sulla dottrina ermetica della coincidentia oppositorum, porta ad un connubio, inquietante, tra divino e diabolico, porta all'idea del Diavolo in Dio. Scriveva Padre Romano Guardini (1885-1968) nel 1964:
«È ovunque operante l'idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, Carl Gustav Jung, Thomas Mann, Hermann Hesse [...]. Tutti vedono il male, il negativo [...] come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura» 50.
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Questo atteggiamento, per Guardini,
«si manifesta già in tutto quello che si chiama gnosi, nell'alchimia, nella teosofia. Si presenta in forma programmatica con Goethe, per il quale il satanico entra persino in Dio, il male è forza originaria dell'Universo necessaria quanto il bene, la morte solo un altro elemento di quel tutto, il cui polo opposto si chiama vita. Questa opinione è stata proclamata in tutte le forme e concretata in campo terapeutico da Carl Gustav Jung» 51.
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Sopra: il teologo Romano Guardini.
L'idea di fondo è che la redenzione passa attraverso la degradazione, la grazia tramite il peccato, la vita attraverso la morte, il piacere mediante il dolore, l'estasi per opera della perversione, il divino mediante il diabolico. Il fascino che il negativo - metafora del demoniaco - esercita sulla cultura contemporanea dipende da questa singolare idea: che le vie del paradiso passino attraverso l'inferno, che «discesa all'Ade e resurrezione» siano uno 52. Consegnarsi al demonio, in una singolare trasposizione gnostica dell'idea per cui perdersi è ritrovarsi, è aprirsi a Dio. In questo «sacro» connubio Satana e Dio si uniscono nell'uomo. È l'«identità di de Sade e dei mistici» 53 auspicata dal marxista Georges Bataille (1897-1962).
Sopra: Georges Bataille.
Per essa la via all'ingiù coincide con la via all'insù. Faust, ora, non può più pentirsi, nemmeno in punto di morte. L'Avversario è diventato complice, «parte» di Dio. È la via per divenire dio. Il brivido del nulla, della discesa agli inferi, accompagna la scoperta dell'Essere, di Abraxas, il pleroma senza volto che permane, immobile, nel divenire del mondo.
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