Papa Francesco, il Concilio e la Chiesa #2
Domenica abbiamo pubblicato un post in cui – con spirito filiale – abbiamo posto due precisazioni sull’affermazione del Santo Padre Francesco in occasione del discorso ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana: «O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa».
Nella seconda condizione per dichiararci d’accordo con questa affermazione, indicavamo: «che il riferimento al ventunesimo Concilio ecumenico sia ai documenti (quattro costituzioni, nove decreti e tre dichiarazioni… questi sconosciuti…) – rettamente interpretati alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione perenne e del Magistero immutabile – e non allo “spirito”».
Su questa stessa linea si pone l’avv. Giovanni Formicola della Comunità Opzione Benedetto, il quale, nelle riflessioni che vi riportiamo, propone, con indubitabile chiarezza, qualche esempio sulla corretta interpretazione del Concilio (Vaticano II).
L.V.
Papa Francesco, parlando ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della CEI, sabato 30 gennaio 2021, ha detto: «O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa».
Finalmente!, allora, si potrà dire che non sta con la Chiesa (ne è fuori?), perché non segue il Concilio [Vaticano II] o lo interpreta a modo suo, per esempio:
- chi intenda proscrivere e comunque contrasti l’uso del latino nella sacra liturgia e nell’uso comune di chierici e fedeli:
«36. L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. […] 54. […] Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’ordinario della messa che spettano ad essi. […] 101. Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell’ufficio divino la lingua latina» (costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium);
- chi pensi che, magari all’esito d’un certo discernimento, adulterio e divorzio possano avere un legittimo spazio, ovvero essere tollerati con conseguenze sull’accesso ai sacramenti dei vivi, nella vita cristiana, che viene ridotta sul punto a un mero ideale astratto, ma di fatto impraticabile:
«49. L’amore coniugale […] Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall’esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. Quest’amore, ratificato da un impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di Cristo, resta indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul piano del corpo e dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni divorzio […] 51. Accordo dell’amore coniugale col rispetto della vita […] La Chiesa ricorda […] che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine, che reggono la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono l’autentico amore coniugale» (costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes);
- chi neghi la dottrina della guerra giusta (su quella santa, torneremo) e professi un pacifismo senza se e senza ma, abrogando in ogni caso il diritto alla guerra (ius ad bellum) e il diritto di guerra (ius in bello), e condanni la professione militare, teorizzando il dovere dell’obiezione di coscienza:
«79. Il dovere di mitigare l’inumanità della guerra […] La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch’essi veramente alla stabilità della pace» (costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes);
- chi condanni come proselitismo la missione di conversione (cfr. la lettera enciclica Redemptoris missio, n. 46) e dichiari di non amarla (la conversione), trascurando che solo in Cristo e nella Chiesa è ordinariamente la salvezza:
«7. La ragione dell’attività missionaria discende dalla volontà di Dio, il quale “vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio, ed un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, uomo anche lui, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2,4-6), “e non esiste in nessun altro salvezza” (At 4,12). È dunque necessario che tutti si convertano al Cristo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, ed a lui e alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati attraverso il battesimo. Cristo stesso infatti, “ribadendo espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Mc 16,16; Gv 3,5), ha confermato simultaneamente la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano, per così dire, attraverso la porta del battesimo. Per questo non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo di Gesù Cristo come istituzione necessaria, tuttavia rifiutano o di entrare o di rimanere in essa”. Benché quindi Dio, attraverso vie che lui solo conosce, possa portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il Vangelo a quella fede “senza la quale è impossibile piacergli”, è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa, ed insieme suo sacrosanto diritto, diffondere il Vangelo; di conseguenza l’attività missionaria conserva in pieno – oggi come sempre – la sua validità e necessità.
Grazie ad essa il corpo mistico di Cristo raccoglie e dirige ininterrottamente le sue forze per promuovere il proprio sviluppo. A svolgere questa attività le membra della Chiesa sono sollecitate da quella carità con cui amano Dio e con cui desiderano condividere con tutti gli uomini i beni spirituali della vita presente e della vita futura.
Grazie a questa attività missionaria, infine, Dio è pienamente glorificato, nel senso che gli uomini accolgono in forma consapevole e completa la sua opera salvatrice, che egli ha compiuto nel Cristo. Sempre grazie ad essa si realizza il piano di Dio, a cui Cristo in spirito di obbedienza e di amore si consacrò per la gloria del Padre che l’aveva mandato che tutto il genere umano costituisca un solo popolo di Dio, si riunisca nell’unico corpo di Cristo, sia edificato in un solo tempio dello Spirito Santo» (decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad Gentes).
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